venerdì 31 ottobre 2008

Mi presento: LCVK


Mostra premio del vincitore della VII edizione del Ghiggini Arte giovani. Inaugurazione domenica 9 novembre ore 17 - Galleria Ghiggini - Varese (fino al 29 novembre)

Intervista all’artista Luigi Christopher Veggetti Kanku
di Monica Maggiore
(n.4 della rivista Ghiggini Arte)

Mi presento:LCVK

Conosco Christopher da circa un anno, è già capitato, in occasione di una sua personale nel 2007 alla Galleria Il Grifone di Lecce, di aver fatto un lavoro a distanza per lui, senza però averlo ancora visto mai di persona. Dovevo scrivere una recensione per il catalogo e nello stesso tempo, avendo coinvolto più persone per questo, dovevamo coordinarci per i tempi di stampa e l’inaugurazione che diventava sempre più vicina … da Lecce a Milano, da Milano a Lecce … la distanza si era improvvisamente accorciata, in quanto tutti sentivamo lo stesso entusiasmo che ci univa per realizzare quel lavoro di gruppo. Nessuno lo conosceva di persona, ma con le immagini dei quadri che avevamo per lavorare, lui si era già presentato. La sua forza di comunicazione attraversa la tela e cattura lo sguardo anche del più distratto visitatore, invita all’ascolto di un’interiorità fatta di passione, amore, musica, gioia, dolore, sguardi e oltre. Linguaggio poliedrico, nella pittura e nella vita, Christopher è artista di poche parole ma di molti linguaggi, dice “buongiorno” in italiano, ringrazia in francese, manda baci in spagnolo e dipinge col calore dell’Africa.
Ecco Christopher!

D: Quanta musica c’è nella tua pittura e quanta pittura nella tua musica?

Nella mia musica c’è molta pittura, infatti io dico sempre che suono come dipingo. Se tu ascolti una mia canzone è come se vedessi un mio quadro perché comunque le note hanno lo stesso calore delle pennellate.

E la poesia?

Non ho mai cercato di scrivere poesie, le cose che scrivo si avvicinano a questo mondo solamente perchè io sono un tipo di poche parole!

Mentre dipingi che tipo di musica ascolti ?

Ascolto un po’ di tutto. C’è stato un periodo che ascoltavo musica classica, altri jazz. Dipende dal quadro o dalla situazione emotiva, se ho bisogno di carica ascolto qualcosa di aggressivo. Invece se già sono in armonia e già vado come un treno non ho bisogno di motivazioni esterne che mi stimolino quindi va benissimo anche la musica più soft che il treno va solo.

E’ proprio quello che arriva allo spettatore, ho ascoltato dei brani dal vivo che hai suonato con la chitarra durante la tua tappa a Lecce, alla Galleria Il Grifone, con la personale “Love Aroud Passion” che, come ben sai, ha avuto un successo strepitoso!
Si avverte soprattutto uno stile intimo ed emozionale nei tuoi lavori. Ma raccontaci come nasce l’amore per la pittura?

Ho iniziato a dipingere per gioco, scommettendo con mia sorella quale fosse il quadro più bello, ma penso che sia iniziato in quanto è un modo per raccontarsi, visto che io non sono uno che parla tanto e prima ero molto più introverso di ora e nella pittura potevo raccontarmi senza poter usare le parole.


Hai spesso tre modi per raccontarti con la pittura. Lo fai con i volti e le city ( cioè gli oli) e le texture. Quale senti più vicino a te?

Quello degli oli è il modo più naturale per me di raccontare, come se stessi parlando, la mia più naturale espressione; mentre le texture è quasi come un progetto, una ricerca, si parte da un’idea e la si sviluppa, utilizzando l’esperienza dei colori ad olio e aggiungendo altro materiale. Quindi si può dire che una è una ricerca e l’altra libertà.


Com’è raccontare gli altri nelle city?

Io parlo sempre delle persone anche nei volti e nelle texture. Nelle city i protagonisti sono la gente che passa, chi vive la città, non è la città di per sé. Di conseguenza torno sempre a puntare il centro dell’attenzione all’individuo e alla sua identità che nelle città si perdono, però l’osservatore si sofferma cercando di capire chi è quel personaggio che si muove all’interno di quella città. Le persone nelle città sono anonime ma questo comporta un immedesimarsi di più nello scenario per potersi ritrovare.

E’ più fluida, con più luce e colore l’ultima produzione. C’è stato un cambiamento nei toni e nel fatto che l’opera va sempre più verso l’informale. Cos’è che affascina nelle city?

La mia pittura nelle città, mi permette di diventare, in un certo senso sempre più informale, dare più importanza alla gestualità che al segno, questo fa si che gli stessi quadri si avvicinano quasi ad un astratto invece che ad una città, pur essendo evidente che è una città. Acquistano il fascino di un quadro astratto. Questo si può vedere da alcuni personaggi che diventano sempre più stilizzati.

Non solo emozionale la tua pittura, ma come fai a volte a trasmettere anche le sensazioni e le atmosfere climatiche e ambientali?

Ho allargato i toni della tavolozza nel caso delle city e questo mi ha permesso di mettere più “umori”. Volevo aggiungere questo particolare importante: molti quando vedono i miei quadri senza vedere che sono io l’artista, pensano subito che l’abbia fatto uno straniero. C’è un modo innato che è diverso, arriva. Si sente nei miei quadri l’Africa anche in una città super occidentale o una città come New York riesce ad esprimere sempre questo calore, questo tepore che è collegato alle mie origini, alla mia persona.

Hai vinto il premio dei giovani artisti nella Galleria Ghiggini di Varese dove ora, come da regolamento, farai la tua mostra personale. Come è stata quest’esperienza di vincitore?

E’ stata un’esperienza positiva, bella e inaspettata perché fino all’ultimo non sapevo di essere stato premiato. E’ stata una grande soddisfazione vincere un premio che nel Nord Italia sta diventando sempre più importante. E’ insolito perché io a Varese ho iniziato dieci anni fa a fare delle mostre in giro, ho iniziato lì a dipingere, per gioco e mi sono ritrovato dopo dieci anni nella stessa Galleria che andavo a visitare e mi chiedevo “chissà come sono questi pittori”, insomma poteva essere una delle mie mete ideali e…infatti.

Ma il tuo esordio ufficiale in una galleria è stato quello con le texture alla Stragapede Perini di Milano, vero ?

No, io ho esordito in un’altra galleria nel 2002 e cioè “Le belle arti” di Garbagnate, provincia di Milano, che mi ha fatto un’ottima promozione su Arte Mondadori. Quello era un periodo in cui le riviste d’arte on line, Exibart ed altre, ancora non erano così importanti, di conseguenza la cosa è rimasta in sordina. È stata una scelta della gallerista di Milano quella di presentarmi come un artista quasi sconosciuto, ma io avevo fatto la mia prima esperienza nel 2002 anche se poi mi sono tirato un po’ indietro in quanto ero giovane e il rapporto con le gallerie comporta una serietà da entrambe le parti, un certo impegno e io in quel periodo non avevo intenzione di dare alla pittura un impegno come invece lo sto dando oggi. Mi interessavano altre cose, di conseguenza mi sono tirato indietro, anche stupidamente, magari era la galleria che poteva promuovermi in un modo serio ce l’avevo, ma non ero pronto a fare questo passo. Nel 2006 sono tornato a dipingere e il caso vuole che Aurelio, il Gallerista della Stragapede mi ha contattato e allora ho ripreso i rapporti con le gallerie.

Quindi sei stato un bel po’ di tempo fermo o hai comunque continuato a produrre?

Fermo no, assolutamente. Organizzavo mostre per conto mio nelle associazioni culturali, qualcosa che mi potevo gestire io, senza impegnare terzi e in quel periodo non me la sentivo di prendere impegni così importanti, mi servivano entrate veloci e quindi avevo bisogno di essere indipendente e questo mi piace molto. Ma ora ho fatto una scelta, quella di abbandonare alcuni interessi per migliorarmi in questa mia passione. Il mio lavoro io la definisco ancora la mia passione. Quando sarò arrivato ad un livello che mi appaga totalmente allora dirò “il mio lavoro”. Ma essendo ancora in evoluzione dico “la mia passione”.

E l’ispirazione per questa “passione” come nasce?

Sinceramente non sono ancora riuscito a capire come funziona l’ispirazione. Forse è come il caso, quando arriva… arriva, non si può programmare. Forse si può stimolare ma non è detto che così arrivi. A volte sto ore a dipingere ed escono cose che non si possono guardare, mentre magari sto un’ora soltanto quando sono ispirato e va tutto a gonfie vele. Nella musica ancora di più, senza ispirazione non mi metto neanche lì a comporre perché non uscirebbe niente. La senti proprio quando arriva e devi metterla giù subito, è come un segnale. Infatti possono passare mesi che non tocco uno strumento, dopo quando arriva la scintilla nel giro di un giorno il pezzo è fatto, però ci possono essere delle lunghe attese.

E questa passione la metti anche in cucina?

Certo! La cucina è un laboratorio artistico fantastico... e la cosa bella è che le cose che crei le puoi sentire fisicamente... insomma l'incontro con la tua opera culinaria è carnale... affascinante! Mi è già venuta l'acquolina!

I toni scuri fanno parte soprattutto della produzione metropolitana del 2007. Ora vanno verso il blu e il bianco. Parlaci dei colori.

E’ una cosa che viene da sé, senza neanche accorgermene, aggiungo colori nella tavolozza, sembra che non sia io a decidere. Non faccio uno studio sui colori, credo molto a quei segnali a quelle ispirazioni e soprattutto credo nel fatto di non intervenire con la ragione all’interno delle cose che faccio e quindi se è il momento di buttare il rosso si butta il rosso. Quando arriva… arriva ogni cosa!

Cosa puoi dire guardando il tuo percorso artistico fino ad oggi?

Dico che prima o poi mi impegnerò di più. Sono contento comunque del mio percorso, perché senza troppi giri comunque le cose sono andate nel verso in cui speravo. Perché ho sempre sperato di essere più indipendente, di vivere con la pittura ed è una grossa soddisfazione poter vivere di una passione. E anche quella di lavorare con gallerie ed enti importanti e quindi alla fine sono contento del mio percorso, ma potrei fare di più.

Quante mostre personali hai fatto in tutto?

Dal 2002 ne ho fatte sette.

Cosa vuoi dare con i tuoi quadri?

In tutti i quadri voglio parlare della persona, raccontare il lato emotivo e far scattare l’emozione, qualcosa per cui vale la pena scegliere un quadro, sia che lo comprino o lo guardino, che si riesca a creare un legame tra chi lo guarda e l’opera, ed è questa comunicazione che posso migliorare. Posso fare di più anche nel senso di realizzare, lavorare, però a volte mi sento vincolato. A volte mi sembra di stare sempre un po’ più indietro, nel senso che la mia è una passione e la vivo in un modo sempre molto “easy”, cioè faccio quello che mi piace, cerco di raccontare quello che mi esce in quella giornata, quando mi arriva quella situazione, più che andare sempre alla ricerca di chissà che. Molti altri pittori sono sempre all’avanguardia, invece la mia è una ricerca molto più introspettiva che rivolta al mondo esterno.

Come hai detto prima? “mi sembra sempre di stare un po’ più indietro”, ecco… ti sembra ma…infondo la tua è una ricerca più autentica, no? Tu cerchi nel tuo mondo, nel mondo di Christopher, e non è poco. Quella è la vera ricerca, la ricerca interiore. Tutto quel lavoro che fai nell’opera si sente.

Merci, merci!

Era una parentesi! Ma torniamo all’intervista!
I tuoi volti parlano di sensazioni. La donna che rappresenti è sensuale, ma mai volgare, fresca, dolce, raccolta. C’è una femminilità che va al di là della corporalità.

Si, quasi tutti i particolari dei volti sono di donne in quanto la femminilità, la dolcezza di una figura femminile a parer mio è ineguagliabile. Ciò che mi colpisce di una donna è la dolcezza e la sensualità. La sensualità c’è ma è pacata, ammorbidita da questo senso di dolcezza che mi piace molto in una donna.


Con che cosa hai iniziato a dipingere?

Ho iniziato a dipingere con l’acrilico per un po’ di anni per poi integrare l’olio per dare al quadro quel qualcosa in più. L’acrilico mi serve per dare una forza, l’olio per dare la morbidezza.

I tuoi lavori iniziano sempre da una tela bianca o dai uno sfondo per far uscire il colore e le forme?

Prima usavo uno sfondo diverso in modo tale da giocare con il soggetto. Invece adesso la lascio com’è perché mi piace che si veda il bianco della tela sotto, in quanto i miei soggetti sono sempre un po’ spezzettati, non delineati, non perfetti e mi piace che si vedano abbozzati sulla tela bianca, perché quel bianco lì molte volte lo uso per dare la luce per le stesse opere.

Che opere hai scelto per questa mostra e come la stai intitolando?

Ho scelto le città e i volti e una piccola sezione dedicata alla città di Varese in cui presento come sfondo la città di Varese, appunto. Questa per me è una mostra di presentazione e ancora non sono riuscito a trovare un titolo, è un presentarmi alla città di Varese, ma come Christopher e le sue opere e nient’altro.

Bhè, allora la puoi intitolare “Mi presento” no?

Veramente ci avevo pensato anch’io sai? Ok, va bene “Mi presento”!

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Inside è un’opera bellissima e intensa. Un volto orientale, intriso di colore quasi tutto bianco, gesti su gesti di spatole e macchie e ancora scolature a segnare passaggi su passaggi fino a trovare la giusta luminosità, il giusto equilibrio. Uno stato dell’anima in un volto che va oltre all’espressività umana, quella d’impatto, ma mistica come di estasi è l’espressione di questa donna che assume sembianze di purezza infantile.

Milano stazione centrale (90 x 36) si distingue per un blu-arancio che vivifica l’atmosfera metropolitana. Personaggi, indefiniti ma riconoscibilissimi, l’artista riesce a dare espressione e movimento in poche macchie di colore.

Le luci di Milano stazione centrale II (125 x 50) raccontano attese e partenze di un mezzogiorno assolato e riflesso dalle alte vetrate del portico. L’occhio stavolta cade sul personaggio messo in evidenza dal rosso di una giacca, ma anche sulla donna in bianco che gli passa di fronte. Identità fermate e animate sulla tela, scenari di un sogno metropolitano in cui immedesimarsi.


















mercoledì 29 ottobre 2008

LA MIA VITA


La mia vita è un musical
Perché canto mentre rido
Perché canto quando piango
La mia vita è un musical
Perché ballo a un funerale , a un compleanno
Quando vinco quando perdo

Vuoi ballare con me
Vuoi ballare con me
Spogliati dei tuoi perché
Senza musica
Nel mezzo di una strada, in un parcheggio,
Sotto questo cielo

La mia vita è un musical
Dove mi innamoro per errore
Dove sogno in continuazione
La mia vita è musica
Perché ho imparato a non seguire un copione
Ma a vivere di improvvisazione

Vuoi ballare con me
Vuoi ballare con me
Spogliati dei tuoi perché
Senza musica
Nel mezzo di una strada, in un parcheggio,
Sotto questo cielo

(Luigi Christopher Veggetti Kanku)

venerdì 24 ottobre 2008